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Pozzo di San Patrizio: la via per raggiungere la ricchezza
giovedì, maggio 10th, 2012
Visitare il Pozzo di San Patrizio a Orvieto può diventare un’esperienza che arricchisce chi decide di intraprenderla, e non solo interiormente! Una volta arrivati nella bella cittadina umbra, non si può fare a meno di discendere le due scalinate che piano piano ti portano a percorrere i 53,15 metri del pozzo più famoso d’Italia. Questa meraviglia architettonica fu progettata dal Sangallo Giovane per fare in modo che la città divenisse indipendente, e potesse contare sempre su una propria scorta di acqua, anche in caso di guerre e razzie.
A dirla tutta il Pozzo di San Patrizio fu frutto di un sacco, o meglio papa Clemente VII ne ordinò la costruzione dopo il sacco di Roma. Così il Sangallo progettò due rami di scale a chiocciola che si avvitano su se stesse senza mai incrociarsi, e formano una struttura tubolare illuminata da 70 finestroni. Un piccolo ponte collega le due scale sul fondo, e chi scende e chi sale finisce per non incontrarsi mai.
Per arrivare all’ultimo scalino, oltre che di buone gambe, bisogna essere muniti di moneta sonante perché pare che lanciarle nell’acqua del pozzo serva a propiziarsi un futuro economicamente migliore. Al detto popolare “essere come il pozzo di San Patrizio” viene, infatti, universalmente attribuito il significato di: disporre di una ricchezza senza fondo.
Ora potremmo anche dar credito alla saggezza popolare, e già che ci siamo far scorta di mele pur di non andare dal medico, ma discendere i 248 gradini del pozzo di San Patrizio di Orvieto significa in realtà finire al purgatorio.
La scelta fatta nell’Ottocento di intitolare la costruzione al santo patrono d’Irlanda non fu casuale, ma ispirata dalla leggenda secondo cui il santo fosse solito pregare presso una caverna a nord di Dublino su un isolotto del lago Lough Derg. La suddetta caverna non era un antro qualsiasi, ma la porta che conduceva dritti dritti al purgatorio. San Patrizio, alle prese con la difficile conversione al cattolicesimo degli irlandesi, l’aveva scelta proprio come prova dell’esistenza dell’aldilà. Il viaggio per raggiungere il fondo della caverna era dunque complicato e irto di pericoli, e non tutti avevano la possibilità di tornare indietro. Eppure, dato che non si sa perchè molti non vedevano l’ora di finire al purgatorio, la Chiesa fu costretta a chiudere l’imbocco del pericoloso budello.
Il vero significato, dunque, della locuzione essere un pozzo di San Patrizio corrisponde a essere senza fondo, vale a dire una specie di insaziabile bocca che nessuna somma di denaro riesce a soddisfare, e che spreca tutto ciò che mangia senza mai giungere a sazietà.
Sembrerebbe, dunque, che la discesa nel pozzo di San Patrizio di Orvieto non si possa poi considerare tanto propizia, a meno che piuttosto che a un’insaziabile bocca che tutto mangia senza riuscire mai a sfamarsi, si pensa a una bocca talmente vorace da essere in grado di procurarsi costantemente tutto ciò che ingurgita.
Proprio come la stessa acqua del pozzo che non si esaurisce nonostante le migliaia di prelievi, ma viene perennemente rinnovata dalla fonte di San Zeno. E come San Patrizio, anche lui non è esattamente un santo qualsiasi, ma uno che si ritrovò a scommettere sulla vittoria di una partita con il diavolo, e, usando come palla il cuccuzzolo di una montagna, non solo sconfisse l’avversario, ma lo costrinse persino a portargli sulle spalle il fonte battesimale scelto come coppa. A pensarci bene il Pozzo di San Patrizio è opera mirabile dell’ingegno umano, in cui qualcuno ha visto addirittura la riproduzione primordiale della spirale del DNA. E, dunque, perché non credere che essere come il pozzo di San Patrizio equivalga alla possibilità di procurarsi un pizzico di fortuna, di quella che deriva dall’ “aiutati che dio t’aiuta”? In fondo, all’ingresso del pozzo lo hanno persino messo nero su bianco: Quod Natura Munimento Inviderat Industria Adiecit: Ciò che non aveva dato la natura, procurò l’industria!